Equazione delle corde vibranti.

 

Equazione di D’Alembert.

Ipotesi:

la corda ha densità lineare costante che indichiamo con μ;

La tensione T della corda è costante in ogni punto;

L’angolo α è molto piccolo, si può porre perciò sen α =tg α, e ds = dx.

Il segmento di corda ds, di massa μds,  ha ascisse degli estremi x, e x+dx.

 

Allora:

 

T1y = -Tsenα1 = -Ttgα1

 

   quindi  

 

 

 

 

 

analogamente

 

T2y = T senα2 = T tgα2,  ma

 

 

e, per la formula del differenziale

 

 

pertanto :

 

 

e la particella ds è sottoposta alla forza verticale:

 

 

per la seconda legge delle dinamica allora:

 

 

sempre nell’ipotesi che l’angolo sia sufficientemente piccolo si può porre ds=dx, da cui l’equazione:

 

posto ora  = l’equazione diventa:

 

   

che è una equazione del II ordine alle derivate parziali.

 

Lo stesso D’Alembert propose una soluzione ; egli osservò infatti che qualsiasi funzione avente come argomento (x-vt) o (x+vt), è soluzione dell’equazione, quindi l’integrale generale è della forma:

 

y = f(x – vt) + h(x + vt)

 

con f e h funzioni arbitrarie ; è immediato verificare infatti che, essendo

 

l’equazione delle corde vibranti diventa una identità.

 

 

 

 

 

 

 

Proprietà della soluzione di D’Alembert

 

Poniamo h = 0 e consideriamo la soluzione y = f(x – vt)

Sia y1 = f(x1-vt1) la situazione della particella posta a distanza x1 nell’istante t1 e y2 = f(x2 – vt2) il moto della particella posta a distanza x2 nell’istante t2. Se si verifica che x1 – vt1 = x2 – vt2, ossia

 

Δt = t2 – t1 =

 

allora nel punto di ascissa x2 arriva, nel tempo t2 = t1 + Δt, l’elongazione

y = y1 esistente al tempo t1 nel punto di ascissa x1.

Il termine  Δt =   rappresenta pertanto il tempo impiegato dall’elongazione a percorrere la distanza x2 – x1 con velocità v.

La funzione f rappresenta un’onda progressiva, cioè un’onda che si propaga nel verso delle x crescenti e v è la velocità di propagazione. Si deduce perciò che la velocità di propagazione dell’onda dipende dalla tensione della fune e dalla densità lineare (massa per unità di lunghezza), secondo la relazione:

 

l’equazione delle corde vibranti è giustamente famosa, in quanto la si incontra in numerosi problemi di meccanica come pure di altre discipline. Le implicazioni più importanti però si trovano quando si mette a confronto questa equazione con la quarta equazione dell’elettromagnetismo proposta da Maxwell.

 

 

 

La quarta equazione di Maxwell.

Maxwell introdusse il concetto di “corrente di spostamento” per giustificare il passaggio della corrente elettrica nello spazio compreso tra le armature di un condensatore, spazio che, come è noto, è riempito da un dielettrico, materiale notoriamente isolante, quindi non conduttore. Egli suppose che la variazione, nel tempo, del flusso del campo elettrico tra le armature del condensatore corrispondesse ad una corrente elettrica. Questa corrente in definitiva non consiste in un movimento di particelle materiali cariche, ma in una variazione dell’intensità del campo elettrico. Questa genera una variazione del flusso del campo magnetico concatenato, per cui questa corrente si autirigenera. Egli pervenne alla formulazione delle  equazioni:

           per il campo magnetico, e

 

 

           per il campo elettrico.

 

I due campi sono tra loro perpendicolari, ed inoltre entrambi obbediscono all’equazione delle corde vibranti, ove si ponga v2 = , da cui:

 

 

 nel vuoto ε = 8,856x10-12,  μ = 4πx10-7, e quindi v = 2,99x108 m/s, questi campi quindi si propagano nel vuoto con una velocità che coincide con quella della luce, appare quindi naturale a questo punto ritenere la luce stassa un fenomeno di natura elettromagnetica.

Una seconda non meno importante conseguenza poi è la seguente:

Maxwell non introduce un sistema di riferimento particolare, per cui non si capisce rispetto a che cosa la velocità con la quale si propagano queste oscillazioni va misurata.

Per capire l’importanza di questo interrogativo basti pensare  che i tentativi fatti per dare una risposta aprono la strada alla teoria della Relatività formulata da Einstein sulla base di due postulati.

·       La velocità della luce nel vuoto è indipendente da quella della sorgente che la emette, e nessun oggetto o segnale può muoversi a velocità maggiore;

·       Un osservatore, facendo qualunque tipo di esperimenti e misure, troverà che essi sono governati dalle stesse leggi qualunque sia il sistema di riferimento inerziale in cui si trova il suo laboratorio.