I diessini erano cannibali. Non era ancora spirato politicamente il vicesindaco
Picone, reo di sensibilità e di intelligenza, che già avevano chiamato l’impresa
funebre." Lunghezza, 1 e 80!", giurava il capogruppo Belliczi. "
Spalle, 53!", aveva aggiunto Giordano, il portaceri."Si muove
ancora!", aveva detto d' un tratto Adiglietti, esperto in impossibili
resurrezioni, e subito si era sentita una martellata dal fondo, per chiudere la
faccenda. Ora i pretendenti si erano messi in fila, a distanza, per evitare
sorprese. Erano i soliti, che venivano tolti dal cassetto ed esposti al balcone,
come lenzuola di biancheria ben smacchiate in lavatrice. " Questo sa
cantare!"-dichiarava il partito-"Questo sa ballare!",
"Questo ha papà che fa l’impresario!". E via così. Tutti
scorrevano davanti al redivivo Di Nunno, occhieggiavano, sculettavano,
scoprivano le referenze, mostravano gli attributi. Di Nunno prendeva nota,
resistendo alle umane tentazioni.