Gli ortopedici erano esasperati. Erano mesi che De Mita arrivava con gli occhi gonfi e la faccia tumefatta per le mazzate ricevute, e non sapevano più che bende e unguenti fornirgli. Da quando era stato strafalciato al congresso nazionale, neppure il cortisone aveva fatto più effetto." Non è niente!", giurava mentre si fasciava un braccio. "Passerà!", dichiarava mentre sistemava il collarino. " Roba da poco!", sussurrava massaggiandosi la parte dopo l’ultimo calcio. Da quando Bassolino si era candidato, era stato un terremoto di slogature e di dolori. A nulla serviva il povero Zecchino, che lo inseguiva con la cassetta dei medicinali e con la testa fasciata. Da Napoli ad Avellino, da giorni, per i demitiani era in funzione la sirena del pronto soccorso. Ma De Mita continuava a dire che non era vero e giurava, ormai ingessato dalla testa ai piedi, che di quei "piccoli" incidenti neppure si interessava.