De Mita aspettava i posteri. Ogni tanto si affacciava sino al bivio di Nusco, per sapere se fossero arrivati. Qualche volta si spingeva sino al monumento di sant’Amato, preoccupato che avessero sbagliato strada. Solo i posteri, ormai, potevano esprimere su di lui un giudizio equilibrato. Il presente era pieno di tristezze. Tra Castagnetti che secondo lui non capiva niente e D’Ambrosio che capiva ancora meno, era un vano dibattersi. E poi lì, nella cornicetta del patriarca padrone dell’Irpinia, si sentiva stretto. Certo, l’intelligenza attorno a lui non si sprecava. Con alcuni poteva parlare solo di pallone e di donne, con altri al massimo del cane di Bassolino. Ora stava tentando di ricompattare il centro, ma era come recuperare un’auto dopo un incidente stradale. Gli mancava sempre un carburatore o una ruota, nonostante Mastella sostenesse di conoscere tutti i meccanici. Così aspettava i posteri, vagando solo e triste per i vicoli del suo paese.