De Mita aveva scritto una lettera da Napoli. Era la prima, sulla sua nuova carta intestata, su cui era stampato un piccolo stemma e due lettere: IO. Aveva deciso di fare il segretario regionale sul serio. Aveva preso la sua penna preferita, tolto il cappuccio, sistemato il foglio e, trattenendo l'emozione, aveva cominciato a scrivere: " Miei cari- si rivolgeva a Enzo De Luca e a Mario Sena- sono qui, in attesa di un segnale di svolta. Non c'entrano assemblee, statuti, calcoli politici, contrapposizioni, non c’entra neppure D’ Ambrosio: serve, per ripartire, un atto di pudore, di decenza. Basta. Ripeto: basta. Sono certo che, entro domattina, renderete pubbliche le vostre irrevocabili dimissioni. Esse darebbero dignità a voi, e a noi tutti. Vi abbraccio. Ciriaco P.S. Evitate la carta intestata. Quella la uso solo io". Poi aveva riavvitato il tappo e sistemato il foglio dentro la busta. Quindi si era affacciato a guardare il mare.