Cinque ore, era il tempo del volo. Tanto sarebbe occorso per tornare in Senegal. Pioveva, a Dakar, così gli avevano detto per telefono, ma il clima era caldo e il mare quieto. Da dieci anni, una volta all’anno, per qualche mese, tornava da Avellino a casa sua, ai suoi affetti, ai suoi figli, alle sue donne. Ora, certo, il sentimento di nostalgia non era forte e insopportabile come le prime volte. Ora la città e le sue persone non erano più nemiche. E addirittura, partendo, cominciava a provare rimpianto per qualche amico più caro che lasciava in Italia. A volte gli capitava, scrutando le facce che entravano e uscivano dal supermercato, di scoprire in qualche tratto indurito, in qualche sguardo stanco, storie simili alla sua, di altre persone, di colore della pelle diverso, ma costrette come lui a vivere di andate e ritorni. E si chiedeva se non fosse meglio parlare del mondo, piuttosto che chiudersi con la testa a difendere le proprie piccole miserie, come sentiva fare in giro da tanti.