Tutto cominci da un libro, e da un luogo. Oggi Anna Maria De Gruttola, dirigente penitenziaria di esecuzione penale esterna, direttrice dell ufficio di Avellino e Benevento. torna con commozione alla tredicenne che si innamor di un libro, trovato per caso, sul ruolo dellassistenza sociale in Inghilterra. E ancora gli occhi le brillano quando rammenta il ruolo propulsivo del centro sociale del rione San Tommaso, ove lei abitava, animato da un assistente romagnolo, Ennio De Franco, che si misurava con coraggio sui temi dellemarginazione della zona. E fu dai padri della vicina chiesa dei Liguorini che venne ai giovani come lei una forte spinta al rinnovamento sui temi ecclesiali e civili. La storia, poi, ha dato centralit solo alla chiesa di san Ciro, forse perch -De Gruttola lo accenna appena, con celato rammarico- ad essa facevano riferimento la borghesia e i giovani intellettuali cittadini, mentre a San Tommaso lorigine popolare dei ragazzi era pi marcata. Eppure, per l adolescente coraggiosa e aperta ai cambiamenti, il suo quartiere fu una grande palestra, che rafforz la sua idea di diventare assistente sociale. Fu un percorso impervio, allora esisteva solo una scuola superiore triennale, a Napoli, e lei vi si iscrisse. Rapidamente la sua volont ferrea le consent sia di laurearsi in Pedagogia, come la madre aveva preteso, sia di conseguire lagognato diploma. Il fuoco dei cambiamenti di quegli anni attravers anche le istituzioni, e nel 1977 il Ministero di Giustizia eman il primo concorso per 200 assistenti sociali. Anna Maria vi partecip e lo vinse, classificandosi ai primi posti. Da allora cominci la sua avventura in un mondo ai pi sconosciuto, da tanti guardato con fastidio o con paura, da lei vissuto invece con competenza e grande trasporto umano: quello dellesecuzione della pena e delle misure alternative al carcere. Il primo luogo comune da eliminare, lo sottolinea pi volte, una concezione della giustizia divisa tra rigoristi - la pena va scontata solo in carcere - e buonisti, che spingono a optare per le misure alternative. O, peggio, lidea che gli operatori di questo settore siano figli illegittimi del complesso sistema ministeriale penale. Oggi, nei fatti, non pi cos. In Italia, sono 38.000 i soggetti con condanna definitiva in esecuzione penale esterna,148 in Irpinia, e 33.000 quelli in carcere (a cui vanno aggiunti circa 20.000 detenuti non definitivi) . Ma il dato impressionante un altro. Per i reclusi in carcere impegnato un vero e proprio esercito di 40.000 poliziotti penitenziari, mentre sono solo 900 gli assistenti sociali in tutta Italia, appena 5 in Irpinia, su cui grava il peso della gestione delle misure alternative. Ma De Gruttola non ama lamentarsi. Il centro pulsante, ieri e oggi, della sua attivit, il valore della persona, sia di coloro che accedono al servizio, sia degli operatori che coordina e dirige e ai quali ha trasferito la sua stessa passione e il suo stesso rispetto per il lavoro. E convinta sia della seriet delle misure alternative, che hanno regole rigorose, (qualcuno le ha definite le sbarre invisibili, perch si tratta in ogni caso di una pena da scontare) e alle quali non tutti possono accedere, sia dellopportunit che offrono di facilitare il processo di reinserimento sociale, una volta scontata la pena. E non si tratta di sensazioni. Rigorosi studi scientifici dimostrano ormai che cos si abbatte moltissimo la recidivit del reato. La dirigente, con delicatezza, parla di volti sui quali cՏ meno cattiveria e rabbia, non dimentica mai che dietro ognuno di loro ci sono storie drammatiche, e che quella crudelt che sparisce dal viso per tutta la societ un passo avanti sul terreno della sicurezza. Con la stessa fermezza sottolinea il grande ruolo svolto dalle associazioni del terzo settore in questo processo, ad esempio dalla Caritas, che si fa carico amorevole e coraggioso delle varie situazioni. Una nuova frontiera, con la quale si stanno misurando anche alcuni comuni, quella dell impegno gratuito da parte del condannato per la comunit, quasi a sanare il danno sociale compiuto. La manutenzione di una strada, unattivit in campagna, laiuto ai diversamente abili, diventano cos personali occasioni di riscatto. Molti sindaci allinizio, hanno dovuto combattere contro lostilit della popolazione, convinta che cos si sottraesse lavoro ai giovani disoccupati locali. Poi il clima cambiato, quando tutti hanno capito. Ma gli esempi di reinserimento sono tanti. Uno, che tocca pi da vicino la direttrice, quello della fattoria sociale di Isca delle Donne, una cooperativa che a Pratola Serra, su un terreno messo a disposizione dalla Diocesi, svolge attivit di produzione biologica. Quattro detenute in esecuzione penale hanno lavorato con altre, giovani e meno giovani, tutte tese a dare una svolta alla loro vita, a ricostruire la loro personale dignit. Il Fiano D.O.C.G. Isca, per la prima volta prodotto questanno, il risultato di questa miscela di fatica e di speranza.
Altre nuove misure sono avviate, come la messa in prova dell'imputato prima della sentenza. E un lampo di fierezza e di malinconia attraversa il viso di De Gruttola, quando parla del futuro, della creazione al Ministero del Dipartimento di giustizia minorile di comunit, che per non vedr in funzione , visto il suo prossimo pensionamento.
Su un punto - che ha tenuta desta la sua passione civile tutta la vita e al quale non riuscita a dare soluzione - la commozione in lei prevale, anche se subito contenuta. Nel 1979, giovane assistente neo assunta, rimase senza parole quando, in una cella, trov una detenuta con il suo figlioletto di cinque mesi. Ancora oggi, in carcere, ci sono madri con bambini, fino a tre anni. Piccoli accorgimenti tendono a mitigare questa terribile situazione: le celle si chiudono alle otto di sera, destate non viene chiusa la porta blindata. Ma la soluzione vera creare Istituti di custodia attenuata per detenute madri, come in un prossimo futuro forse si riuscir a fare a Lauro. Altri tentativi sono franati, come quello di casa Nicodemi, una struttura lasciata in eredit al vescovo di Avellino per donne e bambini in difficolt, ma alla fine ritenuta non adatta per motivi di sicurezza. De Gruttola sa che il problema complesso, che difficile rispondere alla domanda se sia pi giusto tenere i bimbi in carcere con le madri o fuori senza. Si indigna, per, quando pensa ai ripetuti rifiuti dei sindaci del capoluogo, a partire dagli anni 80, alla richiesta di consentire laccesso di questi bimbi agli asili nido, in modo da garantire loro almeno 4-5 ore di libert e di socializzazione. E infine freme, al ricordo di una bambina che usc per unora con una volontaria e pianse terrorizzata per tutto il tempo. La intimorivano il cielo, la forma delle nuvole, le montagne, che lei aveva visto solo in carcere, e attraverso le sbarre. Ridare normalit alla concezione del mondo di quei bimbi, far loro ammirare con occhi incantati quel cielo e quelle montagne: ecco il vero sogno, la speranza pi grande di Anna Maria De Gruttola.