Nessuno, a vederlo, penserebbe che da ragazzo il maestro Gianvincenzo Cresta sia stato un piccolo ribelle e la vita per strada, nella zona di via Tripoli, ai Platani, la sua vera maestra. L ha imparato ad entrare in relazione con gli altri, ha conosciuto il bene e il male, e a quel tempo si sente debitore. Oggi che insegna al Conservatorio Cimarosa sulle cattedre di Teoria dellArmonia e Analisi - e la sua dimensione di compositore ormai stabilmente europea- la sensazione che prevale in lui che la citt non gli appartenga e lui non appartenga ad essa: una affettuosa estraneit, cos la definisce. Due termini che sembrano fare a pugni tra di loro, ma che invece definiscono un lungo percorso. Ci prov seriamente, il giovane musicista, dopo aver conseguito i diplomi di Pianoforte e di Composizione, a dar vita ad una serie di vivaci iniziative culturali, a far crescere la sua comunit sul terreno musicale. Ma non and cos. Un decennio di uno straordinario festival di musica contemporanea, curato insieme ad un altro noto autore avellinese, Mario Cesa, finito nel dimenticatoio, svanito nel nulla. Proprio come non sembrano mai esistiti i venti e pi anni della rassegna di Cesa al Loreto. Nella palude in cui Avellino si spegne, stato vano sperare che, insieme allimpegno dei singoli, crescesse, nelle istituzioni, una dimensione di consapevolezza. Ma Cresta non recrimina, anzi si sente in pace con se stesso. E convinto delle sue capacit ormai riconosciute e sa di poter svolgere, con linsegnamento, un ruolo positivo. Dopo pi di un decennio a Bari ha deciso infatti di tornare: per una dimensione di servizio, perch voleva restituire quello che dal Conservatorio aveva ricevuto. E nelle motivazioni di questa scelta traspare il suo intenso cammino spirituale sia personale che collettivo, con le comunit di san Ciro. Giovanissimo – ma lo ancora, ha solo 47 anni –, dopo una buona attivit pianistica, decise di dare dimensione libera alla gioia del comporre, di far precipitare nella pagina il proprio sentire. Avvertiva, forte e inarrestabile, il bisogno di scoprire la sua interiorit, la sua identit. Ed questo desiderio che egli prova oggi a trasmettere ai suoi allievi, facendoli anche partecipi della sua esperienza internazionale. Il Conservatorio, per fortuna, oggi uno spazio di fervore, e il maestro ha trovato tra quelle mura interlocutori di valore, professionisti bravi e importanti: ma tutto si frantuma, si perde, appena fuori. Per resistere, il suo messaggio didattico chiaro. Bisogna avere fiducia in s, sfuggire alle frustrazioni, alle furberie e ai calcoli brevi, tipici del piccolo centro, non arrendersi alla malaria culturale che piega Avellino allinedia. Ci che serve invece tendere a una formazione pi ampia, sia nazionale che internazionale: non per acquisire punti, ma per arricchire il proprio percorso di comprensione e dare forza alle proprie scelte. Cos lui ha fatto, e dopo anni e anni di attivit, la svolta avviene nel 2009, con una composizione dal titolo: Devequt II, parole dalle laude di Iacopone da Todi. Grazie alla lettura della partitura da parte di un gruppo di musicisti francesi, il lavoro unanimemente apprezzato e viene eseguito allOpera di Parigi. Di qui parte una lunga carriera, e la scoperta che altrove esiste un saldo sistema cultura, di cui egli ormai fa parte stabilmente, fondato sulla commissione allautore, sulla scelta del luogo di esecuzione, sullingresso in un circuito di festival, sulla relazione con grandi concertisti. L originalit di Cresta stata quella di non porsi nella scia delle correnti pi forti della musica contemporanea, ma di sviluppare una estetica autonoma, i cui parametri sono la densit del componimento, la rigorosa costruzione architettonica del brano e il saper riscrivere e reinventare le peculiarit rinascimentali, di Carlo Gesualdo su tutti. Da questo punto di vista il vivere in provincia gli ha insegnato qualcosa di pi: ha evitato che si sentisse schiacciato, ha arricchito soprattutto lattenzione al dettaglio, la cura alla relazione tra le parti. Ma il dialogo, l educazione allascolto, la sua condizione esistenziale, per capire laltro e se stesso: proprio come il padre gli aveva insegnato. Mi parlano alle spalle si lament un giorno il bambino Cresta con il pap, impiegato comunale, con il quale aveva sempre avuto un rapporto di attiva condivisione. E il genitore, calmo, prese tra le dita una moneta, chiedendogli cosa vedesse. E alla risposta crucciata del bambino, il padre gli mostr laltra faccia, insegnandogli cos che ogni cosa si pu vedere da diversi punti di vista. Losservazione gli apr un mondo e l approccio multiprospettico al proprio lavoro, la capacit di guardare le cose da vicino e insieme da lontano, sono stati e sono i capisaldi emotivi e culturali delle sue creazioni. Negli ultimi anni diverse composizioni, come ad esempio Alle guerre damore hanno avuto vastissimo successo. Lultima, trasmessa in diretta da Radio France il 16 febbraio scorso Hinneni- alle madri rifugiate, su testo di Erri De Luca. Hinneni ovvero Eccomi, la parola ebraica con la quale Abramo risponde al Signore che lo chiama a sacrificare Isacco. Il capitolo che lo ha ispirato, tratto dal libro Le sante dello scandalo quello del dialogo tra Miriam e sua madre. Cresta, in assoluta empatia con De Luca, con il quale si confrontato pi volte, fa diventare la narrazione delle due donne- che parlano dei giorni in cui hanno concepito-, il racconto universale di due madri rifugiate che affrontano un lungo viaggio solo per salvare i propri figli. Alla voce narrata si alterna un canto che d la dimensione del non narrato, del non detto, un canto interiore, fatto solo di sillabe. Una composizione di straordinaria, commovente bellezza, udibile sul sito di Radio France, che la prova schiacciante che la presunta oscurit della musica contemporanea si illumina e sparisce se ci si affida alla pura emozione.

Lindocile ragazzo diventato dunque un famoso musicista, che con disciplina accurata controlla ogni particolare: la struttura del brano, il rapporto tra tempo e silenzio, tra pieno e vuoto. Sembra, e lo , un uomo che ha raggiunto il pieno equilibrio tra emotivit e razionalit. Ma il piccolo ribelle ogni tanto riaffiora, specie quando il maestro ritorna nella sua citt dopo un giro di impegni fuori, - lultimo, di questi giorni, stato a Parma e all Universit Paris 8 -. Allora agli sente risalire in lui il dolore e la rabbia rispetto allo sfacelo intorno. Non lo d a intendere, lo nasconde dietro la gentilezza e lironia, ma allimprovviso scoppia in parole dure e amare che denunziano, agli amici pi cari, la deriva quotidiana in cui Avellino si trascina. Poi una sublime leggerezza lo acquieta, ed egli ritorna al suo instancabile percorso creativo.